Debussy e il mistero by Vladimir Jankélévitch

Debussy e il mistero by Vladimir Jankélévitch

autore:Vladimir Jankélévitch [Jankélévitch, Vladimir]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Music, History & Criticism, Individual Composer & Musician
ISBN: 9788867232437
Google: nLXzvQAACAAJ
editore: SE
pubblicato: 2012-10-11T00:00:00+00:00


3. ACCORDI PERFETTI GIUSTAPPOSTI

La verticalità, così caratteristica dell’armonia debussyana, conferma l’inclinazione discendente, poiché l’arabesco, appena nato, tende subito a morire. Questa armonia è l’armonia del mistero e questo mistero deriva non dalla profondità meditativa o dialettica, ma dalla semplice co-presenza e dal puro fatto di esserci. Tra Mélisande e Pelléas, insomma, non succede niente, tranne almeno il loro stesso incontro, che è un capriccio del destino, ossia un mistero ironico. L’« intreccio » non si dipana mai. E così come i « temi » stessi non subiscono alcuna evoluzione interiore, non raccontano nessuna peripezia e non si trasformano l’uno nell’altro, parimenti gli accordi coesistono sui righi musicali quali crittogrammi stazionari. Similmente a giochi d’acqua che non vanno da nessuna parte, così anche le note non vanno da nessuna parte – e ciò fa scrivere a Vincent d’Indy che esse non hanno « senso », concependo il Senso contemporaneamente come Direzione e come Significato, ossia come movimento orientato nello spazio del divenire e come intenzione espressiva nell’ambito dei pensieri. Ma forse queste simmetrie alla Indy non potrebbero riuscire se non si basassero su un puro gioco di parole. È per il dogmatismo e per il finalismo che c’è « senso » solo se c’è il « fine », e che il fine stesso viene rappresentato come limite definitivo, cosa sostanziale, obiettivo preciso da raggiungere. Anche qui le analogie e i pregiudizi retorico-letterari ci inducono a delle metafore che non sono altro che modi di dire. La musica di Debussy non ha « senso », come si dice che ha senso un discorso eloquente quando ci porta « da qualche parte » o vuole dimostrarci qualche tesi. La realtà musicale non risiede nella concatenazione discorsiva delle note, bensì attorno ai suoni e tra gli accordi, nelle vibrazioni morenti e misteriose dell’armonia. Debussy insomma si affida meno alle modulazioni che all’attrazione magica delle presenze, alla radioattività degli accordi, alle risonanze armoniche. Si tratta innanzi tutto di strisce di accordi perfetti, giustapposti senza relazione di transizione e appartenenti a diverse tonalità eterogenee, che agiscono l’una sull’altra a distanza e si attirano l’un l’altra attraverso il vuoto: non c’è continuità, ma piuttosto « influenza » nel senso astrologico del termine. Sta all’immaginazione colmare questo spazio intermedio spalancato, e lo può fare grazie alla complicità di quest’ultimo con l’aura magnetica che, circondando ogni armonia, consente la trasmissione istantanea dell’influsso musicale.

È vero che molti musicisti, e in particolare Eric Satie, tra il 1890 e il 1900 scrivevano in quello stile piatto allora di moda per l’influenza del canto fermo; ed è indubitabile che il preludio del Saint Sébastien sia indirettamente scaturito dalle impassibili, ieratiche e glaciali progressioni di accordi della Messe des pauvres o delle Sonneries de la Rose-Croix. Nella sua compassata monotonia il preludio della Damoiselle élue è ancora molto « rosacroce »; dieci tonalità vengono percorse al richiamo delle « cinque fantesche, i cui nomi sono cinque dolci sinfonie: Cécile, Blanchelys, Madeleine, Marguerite, Roselys ».19 Molto satiana è anche la Sarabanda della Suite Pour le piano, che è rivestita dei colori sontuosi e antiquati del Do diesis minore.



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